I due bacini

Alle 4 di mattina il letto era così comodo che la sveglia non si era neanche preoccupata di suonare.

Avevo grande voglia di correre sulle strade tra Romagna e Toscana, su quelle salite Appenniniche che ricordavano tanto le più blasonate nel nord Italia, ma una settimana intensa al lavoro e un sabato tra, sempre lavoro e impegni vari, mi avevano stremato e il pensiero di mettermi in macchina per tre ore di viaggio e 5 e passa in bici aveva distrutto la voglia di competere alla Granfondo del Capitano.

Alle sei e trenta l’aria in giardino era ancora fresca e il sole illuminava il verde acceso dei campi, con il grano che cominciava pian piano a dorarsi dopo le pioggie intense della primavera.

Un caffè e una fetta biscottata, il tempo di cambiarsi e l’aria fresca del mattino accarezzava il mio viso con le mie gambe che spingevano molto faticosamente sui pedali. La strada scorreva a fatica sotto le ruote, poche macchine mi sorpassavano e la salita lentamente si avvicinava.
Rioveggio, Sterlina e poi da Lagaro fino a Creda, la strada si impennava dolcemente verso la Toscana per poi, sempre dolcemente, spianare e puntare dritta verso Castiglione.

Attraversavo l’ultimo centro bolognese prima della Toscana ascoltando il tintinnio delle tazzine nei bar e annusando l’aria che sapeva di cappuccino e brioces, mentre appena fuori, salendo verso la diga del Brasimone, la strada era più trafficata da chi a piedi camminava o correva all’ombra del bosco, che da automobili rumorose e inquinanti.

Il Lago era calmo, una tavola color verde che rifletteva i monti e il cielo. Un ragazzo e una ragazza lo ammiravano scesi dalla loro bici dopo la faticosa scalata. Perdersi nell’ammirare quell’acqua che appariva uno specchio era più facile che finire la salita dopo il borgo fino al Passo dello Zanchetto.


Lassù, dove la vista si apre all’Appennino più alto, mi fermavo a rimirare i campi e quella montagna che ogni volta mi fa battere più forte il cuore. 
Scattavo una foto, prima di scattare sui pedali, per immortalare insieme due amori che han fatto, e faranno sempre parte della mia vita. La bici e la mia montagna.
 

La discesa veloce verso Ponte di Verzuno e la Rocchetta Mattei che svettava su Riola potevano essere gli ultimi passaggi emozionanti del giro, ma la Porrettana, seppur ormai così pericolosa, sapeva e sa sempre regalare sguardi e panorami che solo se non sei sfinito a testa bassa si possono scartare. E la cosa non è facile con i continui Sali e i brevi scendi verso Sasso.


Ma la gamba si era svegliata e con buona lena mi accompagnava di nuovo a casa.
Arrivavo a casa rilassato e meno stanco di quando ero partito quattro ore prima. 
Erano stati centoventi chilometri tirati, ma con la testa alta e senza fretta, avevo riammirato le salite e i loro campi, i loro boschi profumati di sole ardente ed ora ero pronto ad andarmi a sdraiare in piscina.

Un tuffo, dieci minuti in acqua, due giochi e poi il lettino, a fianco un birra e in mano un libro.

W la bici, w la vita.

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