La nostra Terra

Mentre studiavo l’inquadratura di questa foto pensavo che viviamo in una terra bellissima, in un territorio che ci da tutto e non ci fa mancare niente, l’abitiamo fin dalle antichità e l’abbiamo fatto diventare il più bello del mondo.  

Una terra che molti ci invidiano, ma una terra che si muove, si muoveva prima di noi e si muoverà anche dopo.

Non è colpa della terra se le case crollano, non è colpa della terra se chi è corso a soccorrere, a scavare a mani nude nelle macerie, alzava detriti che gli si frantumavano in mano. Non è colpa della Terra se si muove di notte e le persone muoiono mentre dormono, non è colpa della terra se si muove di giorno e le persone muoiono nei capannoni mentre lavorano e nelle scuole mentre studiano.

Non è colpa della terra se trema, lei ci sta solo dicendo che stiamo sbagliando.

Siamo un popolo incredibile, nel momento del bisogno non c’è persona più attiva e bella di noi, ma poi ci addormentiamo. Siamo un popolo che è legato a questa terra e legati a lei, la seguiamo. Quando sbotta, ci attiviamo, quando rimane in silenzio la seguiamo, in un disastroso letargo. È in quel letargo che si comincia a morire.

È stato incredibile vedere a poche ore dal sisma, poliziotti, carabinieri, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, cittadini comuni, che chiamavano, scavavano, piangevano e scavavano ancora. Solidarietà Unica da ogni parte dello Stivale, con atti concreti, non solo parole.
Ma chi ragiona, chi non dorme, non può non provare rabbia. Non verso la terra. Ma verso l’uomo. Accendere la Tv alle 9 di mattino, vedere volontari e soccorsi ad Amatrice e sentire le parole disperate di chi per 6 ore ad Accumoli invece non aveva visto ancora nessuno, o quasi. Vedere la Rai che interrompe quella disperazione per mandare in onda nuovamente da Amatrice mi fa pensare a una sola cosa. I soccorsi sono fantastici. Ma non bastano. Per “poche”, migliaia di persone.

Se un evento del genere fosse successo a Roma o Napoli, ma anche Milano o Bologna, quanti morti staremmo contando? Quanti soccorsi servirebbero? Quanti sarebbero disponibili?

La realtà è questa, ogni 6/7 anni una parte d’Italia viene giù e non viene ricostruita. L’Aquila è chiusa e anche nell’Emilia lavoratrice in troppi vivono ancora nei container e troppi edifici nella bassa sono diroccati e transennati.

A star ottimisti il 70% degli edifici Italiani è da tirare giù e ricostruire. Chi può mettere la mano sul fuoco che il tetto sotto cui dorme è sicuro? Che sia un edificio degli anni 70/80/90 o duemila?

Questo mio pensiero non vuole essere politico, se voleva esserlo lo sarebbe stato molto più corto o condividendo qualche bufala a cui sempre in troppi credete. Non è politica, non è politica Italiana, è solo realismo, condito da un pizzico di lungimiranza.
Chiunque sia al Governo o chiunque ci andrà alle prossime elezioni, che si chiami, Matteo, Beppe, Luigi, Alessandro, Silvio, Angelino, Elisabetta, Benito, Bettino o Giulio, ha una sola cosa da fare, Ricostruire. Ma non Amatrice o Accumoli, anche Amatrice e Accumoli. Insieme a tutto il resto del Paese.

Smettere di investire in navi, aerei, bombe, armi e nuove grandi opere che per comode non sono certo la priorità, soprattutto se costruendole tiriamo giù montagne intere. Perché a Ripoli non è passato il terremoto, è passato l’uomo.

Investire su di noi, sui suoi cittadini, sul suo futuro, su chi questa terra l’ha resa incredibile, anche se forse non se ne ricorda.

Viviamo tutti in un’Amatrice o in una Accumoli.

L’altra sera non è crollata Amatrice.
L’altra sera è morta la Futura Amatrice.
L’altra sera sono morti dei bimbi.
L’altra sera è morto il futuro.

Svegliamoci, ora!



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